Il dono nella Grecia antica
Un frammento Esiodo cita “I doni persuadono Dei e re venerandi”.
Definire il concetto di dono nella Grecia antica, significa trattare di ospitalità.
Si definiva dono l’accoglienza a un uomo lontano dalle sue terre creando così dei vincoli di ospitalità: l’ospite era tenuto, in futuro, ad offrire altrettanto: questo dono era protetto da Zeus Xenios e aveva carattere ereditario come dimostrano Glauco e Diomede.
Dopo aver scoperto che i loro antenati erano legati dal dono dell’ospitalità, si scambiano le armi non si battono e Diodeme dice: “Io sono per te in Argo ospite caro, tu in Licia, se mai io giunga tra quel popolo”.
C’era chi non rispettava, come Polifemo, contro ogni codice umano e divino, il dono dell’ospitalità se non nell’assicurare ad Ulisse che sarà l’ultimo ad essere divorato.
Per i greci, dimostrano i miti, il dono gratuito era temuto poiché ingannevole (nulla si attende in cambio) e pericoloso: esempio è il cavallo di Troia “Timeo danaos ac dona ferentis”.
Oggi a distanza dal mondo classico, il dono gratuito non è più pericoloso, ma prezioso, poiché, nel caso del sangue, ci restituisce la certezza di salvare la vita al prossimo.