Vai al contenuto

News  |  Dante Alighieri: il sangue nel Poema Sacro

Home » Dante Alighieri: il sangue nel Poema Sacro

Dante Alighieri: il sangue nel Poema Sacro

  • 3 min read
“Elle rigavan lor di sangue il volto,
che, mischiato di lagrime, a’ lor piedi
da fastidiosi vermi era ricolto.”

(Inferno III, 67-69) – Prima apparizione del sangue nella Divina Commedia

Quando Dante scrisse la commedia, “divina” dal 1555, raccontò il suo viaggio, per la redenzione, nell’aldilà utilizzando il sangue con ruolo descrittivo e una molteplicità di significati: dai più letterali ai metaforici.

Nell’Inferno, tra i molti casi, sangue è: il fiume bollente Flegetonte in cui sono immersi i violenti, è simbolo dello scontro tra Guelfi e Ghibellini di cui disquisisce Ciacco oppure misteriosa linfa che fuoriesce, insieme alla voce, dagli alberi di cui sono prigionieri i suicidi.

“Ma ficca li occhi a valle, ché s’approccia
la riviera del sangue in la qual bolle
qual che per violenza in altrui noccia”

(Inferno XII, 48)

Arrivando in Purgatorio, tante altre sono le occasioni di descrizioni con il sangue: esempio si riscontra nella I cornice dove, gravati da enormi pesi, incontriamo i superbi: in questo caso sangue vuol dire ascendenza o antenati della propria famiglia.

“Io fui latino e nato d’un gran Tosco:
Guiglielmo Aldobrandesco fu mio padre;
non so se ’l nome suo già mai fu vosco.

L’antico sangue e l’opere leggiadre
d’i miei maggior mi fer sì arrogante,
che, non pensando a la comune madre,

ogn’uomo ebbi in despetto tanto avante,
ch’io ne mori’, come i Sanesi sanno,
e sallo in Campagnatico ogne fante.”

(Purgatorio XI, 58-66)

Il tema del sangue in rapporto alla genealogia è ricorrente anche in termini di mancanza di nobiltà o “brullo” ovvero privo di virtù e decadente come la nobiltà romagnola (Purgatorio XIV).

Giungendo in Paradiso la parola sangue è lo stesso S. Pietro ad utilizzarla criticando Bonifacio VIII che rese il suo sepolcro una cloaca dove scorre il sangue delle discordie e il marciume della corruzione.

“Quelli ch’usurpa in terra il luogo mio,
il luogo mio, il luogo mio che vaca
ne la presenza del Figliuol di Dio,

fatt’ ha del cimitero mio cloaca
del sangue e de la puzza; onde ’l perverso
che cadde di qua sù, là giù si placa».

Di quel color che per lo sole avverso
nube dipigne da sera e da mane,
vid’ ïo allora tutto ’l ciel cosperso.”

(Paradiso XXVII, 22-30)

Le ultime apparizioni sono per voce di Beatrice riguardo il tema del sangue sponsale da considerarsi una cosa sola con quello dei martiri.

Alla fine di questa breve analisi possiamo affermare che, per il Sommo Poeta, il prezioso elemento è diventato tale anche in senso terminologico per regalare minuziose descrizioni ad un’opera per eccellenza: la Divina Commedia.